Unioni civili e convivenze di fatto: diritti e doveri

Unioni Civili e Convivenze di fatto

Unioni civili e convivenze di fatto: diritti e doveri

Unioni civili e convivenze di fatto

La legge 76 del 2016 (Legge Cirinnà) ha voluto regolamentare le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplinare le convivenze di fatto. Così il legislatore ha preso atto del diffondersi, sul piano sociologico, del fenomeno della famiglia di fatto e delle coppie omosessuali. 

E’ stata una vera e propria rivoluzione che ha determinato il superamento della concezione tradizionale di “famiglia”, fondata sull’articolo 29 della Costituzione. Così sono state introdotte le unioni civili e le convivenze di fatto che garantiscono alla coppia diritti e doveri simili a quelli matrimoniali.

Vediamo quali sono le differenze e le affinità di questi due nuovi istituti, unioni civili e convivenze di fatto, rispetto al matrimonio.

Unioni civili

Le unioni civili sono state concepite per la tutela delle coppie dello stesso sesso che a lungo sono state destinatarie di un trattamento diverso rispetto alle coppie eterosessuali e per le quali non era prevista nessuna tutela specifica. Grazie alla legge Cirinnà, i diritti acquisiti dalla coppia omosessuale sono in gran parte assimilabili a quelli tipici del matrimonio. Si tratta di diverse tipologie di diritti:

  • patrimoniali;
  • in materia di successione come la legittima;
  • al mantenimento e agli alimenti in caso di scioglimento dell’unione;
  • in materia di trattamenti pensionistici, assicurativi e previdenziali;
  • al ricongiungimento familiare e alla cittadinanza italiana per lo straniero unito civilmente.

Inoltre, nelle unioni civili, le parti possono assumere un cognome comune. Così assumono anche l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, alla coabitazione e alla contribuzione ai bisogni comuni.

A differenza di quello che avviene nel matrimonio, le unioni civili si possono sciogliere in modo più rapido. Non si deve avviare la separazione, è sufficiente che i partner comunichino all’Ufficiale di Stato Civile, anche non insieme, la loro intenzione di dividersi. Una volta trascorsi tre mesi, si può proporre domanda di divorzio.

In tema di adozione, invece, c’è ancora molto da fare. In linea di principio la normativa italiana non prevede l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso. Tuttavia con una sentenza del 2016 la Corte di Cassazione ha riconosciuto la “stepchild adoption” (estensione della responsabilità genitoriale sul figlio del partner) sottolineando la preminenza dell’interesse del minore rispetto a qualsiasi altro interesse dello Stato. E nonostante si intravedano dei segnali di apertura verso l’adozione legale all’interno delle unioni civili, molti nodi restano ancora da sciogliere su quello che rappresenta uno dei punti più discussi della legge Cirinnà.

Convivenza di fatto

La legge Cirinnà regolamenta anche le convivenze di fatto, ovvero i diritti e i doveri di coppie omosessuali o eterosessuali  che hanno deciso di vivere insieme. Tuttavia senza sancire il loro legame con il matrimonio o con l’unione civile. La convivenza può essere attestata da un’autocertificazione, redatta in carta libera e presentata al Comune di residenza. Nell’autocertificazione la coppia dichiara di convivere allo stesso indirizzo anagrafico.

Lo status di convivente di fatto comporta il riconoscimento di specifici doveri e diritti  assimilabili a quelli delle coppie unite in matrimonio. Ad esempio in caso di malattia al convivente è riconosciuto il diritto di visita, di assistenza, di accesso alle informazioni personali dell’altro. In caso di morte, il convivente superstite ha il diritto di continuare ad abitare nella casa del convivente deceduto per un periodo che va dai due a un massimo di cinque anni. Nel caso in cui uno dei conviventi di fatto sia conduttore del contratto di locazione della casa di comune residenza, in caso di morte del medesimo o di recesso dal contratto, l’altro convivente ha facoltà di succedergli nel contratto.

In caso di cessazione della convivenza di fatto, il convivente economicamente più debole ha diritto a ricevere gli alimenti. Inoltre, i conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con un “contratto di convivenza” redatto da un notaio o un avvocato.