Le Arti e i Mestieri che hanno fatto grande Firenze

Le Arti e i Mestieri che hanno fatto grande Firenze

Firenze fu il centro di una così grande cultura perché fu la sede delle maggiori libertà che erano allora possibili

Giovanni VillaniI primi due secoli della storia di Firenze


Le Arti di Firenze iniziarono a costituirsi come corporazioni delle arti e dei mestieri tra il XII e il XIII secolo. Si trattava di associazioni laiche nate per la difesa e il perseguimento di scopi comuni che riunivano gli appartenenti ad una stessa categoria professionale: i membri di ogni Arte eleggevano il proprio consiglio tra cui veniva eletto un capo che ne curava gli interessi. Fu grazie a questa forma organizzata delle attività economico-finanziarie che Firenze diventò una delle più ricche e potenti città del medioevo europeo.

L’Arte dei Giudici e Notai: prestigio e professionalità

L’Arte dei Giudici e dei Notai era una delle sette Arti cosiddette “maggiori” che erano:

  • dei Giudici e Notai
  • di Calimala
  • del Cambio
  • della Lana
  • della Seta
  • dei Medici e Speziali
  • dei Vaiai e Pellicciai

Queste sette corporazioni gestivano e amministravano i grandi interessi cittadini e riuscirono a tessere una fitta rete di rapporti commerciali e finanziari in molte parti del mondo. Fu così che contribuirono significativamente alla grandezza e allo splendore di Firenze medievale, ancora ben visibile in città.

Nella prospera Firenze medievale, l’Arte dei Giudici e Notai era tra le più prestigiose della città. Era tanto prestigiosa che aveva il proprio segno distintivo che si evidenziava anche nell’abbigliamento. I notai infatti indossavano un abito lungo di colore rosso chiamato, e un berretto di panno incoronato da una pelliccia, sempre dello stesso colore rosso. Nei confronti dei notai ci si riferiva con l’appellativo di “ser“. 

La terza carica più importante del Comune: il Proconsolo

La più alta carica dell’Arte dei Giudici e dei Notai era il Proconsolo (come la via del palazzo del Bargello); per diventare Proconsolo si doveva avere almeno quarantenni, avere venti anni di esercizio nell’Arte, essere stato Console.

L’arte crebbe in modo così importante che nel 1339 a Firenze si contavano 80 giudici e 600 notai, su poco meno di 100.000 abitanti.

Il lavoro del notaio, esattamente come avviene oggi, consisteva prevalentemente nella stesura e nella registrazione di atti ufficiali e pubblici: contratti, transazioni, inventari, rogiti, testamenti e altro. Il notaio era il collaboratore ideale delle istituzioni cittadine nonché il necessario tramite tra il popolo, spesso analfabeta, e le carte necessarie a farne valere i diritti.

Come si diventava notai?

Il lungo periodo di preparazione richiesto per accedere faceva si che soltanto le famiglie più ricche potevano permetterselo. Per essere ammessi inoltre,  dovevano essere prima verificati precisi requisiti personali e morali dei candidati. Non erano ammessi chierici, ebrei, insegnanti elementari, figli illegittimi, forestieri e durante il XIII secolo chi non si dichiarasse apertamente di parte guelfa.

Non si poteva accedere all’ Arte dei Giudici e Notai se si aveva meno di 20 anni, o 18 qualora si fosse stato figlio di un membro già iscritto. Per l’accertamento dell’idoneità dei notai si dovevano superare 3 esami eccezionalmente severi dopo avere frequentato obbligatoriamente i corsi dell’Università di Bologna o di Padova, o dello Studio fiorentino, per imparare in modo profondo diritto e giurisprudenza, grammatica e lingua latina, indispensabili per la redazione degli atti pubblici.

A tavola con Dante e Boccaccio

Se transitate per la nostra amata Firenze, magari dopo un atto pubblico redatto dal vostro Notaio, vi consigliamo di visitare il Palazzo trecentesco dell’Arte dei Giudici e dei Notai, antica sede della Corporazione, che si trova, come detto prima, in Via del Proconsolo a Firenze. Da qualche anno è sede di un noto ristorante fiorentino ma i gestori sono felici e orgogliosi di mostrare ai loro ospiti il grande corredo storico-artistico presente all’interno. In particolare, dalla volta affrescata del piano superiore, spiccano i ritratti trecenteschi di Dante Alighieri e Boccaccio. E’ curioso il fatto che Dante non somigli per niente a quello dei nostri ricordi scolastici: niente naso aquilino o sguardo severo, ma giovane, umano e naturale. Si dice che questo sia il ritratto più antico di Dante e che questa iconografia sia la più simile all’originale. Del resto Dante abitava proprio dietro l’angolo…